|  Introduzione: 
              L'affascinante avventura della ricerca delle tracce della creazione 
              del concetto di "dio" (Fuente: 
              © Rodríguez, 
              P. (1999). Dios nació mujer. 
              Barcelona: ©  Ediciones 
              B., Introducción, pp. 7-27)(Fonti: 
              © Rodríguez, 
              P. (2000). Dio è 
              nato donna. Roma: © Editori 
              Reuniti, Introduzione, pp. 7-24)
 Traduzione: 
              Roberto Anzellotti (E-mail: roanzel@inwind.it) Circa 30.000 anni fa dio ancora non esisteva, però la specie 
              umana viveva già da più di due milioni di anni da 
              sola affrontando il suo destino in un pianeta inospitale; sopravvivendo 
              e morendo nella totale indifferenza dell'universo. Circa novantamila 
              anni fa, una parte dell'umanità cominciò ad albergare 
              la speranza di una ipotetica sopravvivenza dopo la morte, però 
              l'idea di un qualsiasi dio era ancora del tutto sconosciuta fino 
              ad approssimativamente trenta millenni fa ed in ogni caso la sua 
              immagine, le sue funzioni e caratteristiche furono quelle di una 
              donna onnipotente. La concezione di un dio maschile creatore e controllore 
              tale come è immaginato per gli uomini attuali, non cominciò 
              a formalizzarsi se non nel terzo millennio a.C. e trovò ampia 
              diffusione solo nel millennio successivo.
 
 San Tommaso 
              d'Aquino nel suo"Summa contro i Gentili", affermò 
              che 'Dio sta molto più in alto di tutto quello che l'uomo 
              può pensare di Dio'. La frase, nonostante una sua apparente 
              profondità, trasmette un vuoto desolatore. Perchè 
              non dire, ad esempio, che la ragione sta molto più in alto 
              di tutto quello che l'uomo- specialmente se è un teologo- 
              possa pensare della ragione? Anche l'universo intero sta molto più 
              in alto della nostra testa e delle conoscenze che ha la gente comune 
              però, tuttavia, la scienza si basa sul fatto che non c'è 
              nulla di cosi lontano da non poter essere studiato, ed ha accumulato 
              dati e certezze che sorpassano di anni luce tutta la sapienza che 
              fu capace di accumulare il grande san Tommaso. Forse Dio, effettivamente,sta 
              troppo in alto per i nostri ragionamenti limitati, però prima 
              di gettare la spugna, dovremmo riflettere, almeno, se è possibile 
              che ci sia qualcuno lassù (o ovunque possa risiedere un essere 
              divino). La matassa non sarà facile da dipanare, ma la ricompensa 
              sarà l'averci provato. 
 Anche se "Dio" 
              è un concetto di recente apparizione nel processo evolutivo 
              della nostra cultura, la sua innegabile forza ha inciso profondamente 
              sull'essere umano, di forma che non ha più potuto sottrarsi 
              al poderoso influsso che irradia dall'idea della sua esistenza, 
              da quella di ogni dio, cioè di un qualche essere supremo 
              dotato di capacità di dirigere tutti gli elementi dell'universo 
              materiale ed immateriale e, aspetto fondamentale, animato da una 
              personalità tale da permettere che la sua volontà 
              inappellabile possa essere alterata a favore degli interessi umani, 
              mediante la negoziazione ed il patto, quando l'occasione risulti 
              propizia.
 Il concetto 
              di "Dio" risulta cosi fondamentale per la nostra esistenza 
              recente su questo pianeta, che la sola presunzione della sua realtà 
              -governata tramite le istituzioni religiose- ha focalizzato e diretto 
              la formazione di tutte le culture, ha cambiato radicalmente le regole 
              individuali e collettive delle relazioni umane ed ha portato ad 
              alterare profondamente l'equilibrio ecologico in ognuno degli habitat 
              conquistati dall'Homo religious. E' sufficente la sola evocazione 
              di Dio perchè in qualsiasi gruppo umano si assumano posizioni, 
              straripino emozioni e, in definitiva, si produca una chiara divisione 
              in due parti o visioni della vita inconciliabili: la posizione del 
              credente e quella del non credente. Nel nome di Dio, di qualunque 
              dio, si han fatto, si fanno e si faranno le più gloriose 
              gesta eroiche, ma anche i più atroci ed esecrabili misfatti 
              e massacri.Il mondo che conosciamo è stato modellato da Dio, senza dubbio, 
              però la questione fondamentale è sapere se quest'opera 
              è attribuibile ad un dio che esiste ed agisce mediante atti 
              della sua volontà cosciente, o ad un dio concettuale che 
              solo acquista realtà nel fatto culturale di essere il destinatario 
              muto delle necessità e desideri umani.
 
 Del primo tipo 
              di dio si occupano le religioni e, secondo loro, non si ammettono 
              discussioni nè c'è bisogno di prove. Esiste perchè 
              esiste, e tutto assolutamente tutto, prova la sua esistenza, incluso 
              lo stesso fatto di dubitarne. Dio è l'origine e la fine di 
              tutto quanto si possa conoscere o immaginare, per tanto, nulla c'è 
              nè può esserci al di fuori di lui. Le religioni partono 
              da una posizione viziata in partenza all'invertire il carico della 
              prova, cioè esse non dimostrano quello che affermano-l'esistenza 
              di Dio -e in forma implicita, a volte esplicitamente- scaricano 
              la responsabilità provatoria su chi difende la non esistenza 
              di qualsiasi divinità. In questo caso, lo stesso tema di 
              ciò che si discute porta necessariamente all'assurdo dal 
              punto di vista logico e razionale: certi credono perchè "si" 
              (hanno fede) ed altri negano, anche loro perchè "si"(sono 
              atei). Del secondo 
              tipo di dio, invece, si occupa la storia, l'archeologia, la psicologia, 
              l'antropologia ed altre discipline scientifiche che cercano di abbracciare 
              e comprendere la varia gamma dei comportamenti umani che formano 
              quello che chiamiamo cultura o civiltà. Di questo tipo di 
              dio concettuale, esistono innumerevoli prove materiali che permettono 
              abbordare la sua analisi e discuterne. I formidabili indizi accumulati 
              su questo tipo di dio lo identificano con il primo -il dio creatore/controllore 
              di destini la cui esistenza si presume reale- però a differenza 
              di quello, le sue tracce si possono seguire fino ai primissimi albori 
              della sua nascita tra gli uomini. Può un 
              dio eterno, principio e fine di tutto, creatore dell'essere umano, 
              aver voluto rimanere occulto agli occhi degli uomini fino ad appena 
              pochi millenni fa? Può questo dio aver voluto privare coscientemente 
              alle sue creature, durante centinaia di migliaia di anni,delle norme 
              che oggi si proclamano essere fondamentali e dei riti indispensabili 
              per la "salvezza eterna"? Come e quando si manifestò 
              Dio per la prima volta? Perchè si è fatto conoscere 
              attraverso tante e tanto diverse personalità e credi?  Forse Dio si 
              è limitato a comportarsi come un "deus otiosus"(dio 
              ozioso) cosi come lo descrivono le più importanti religioni 
              autoctone dell'Africa, che credono che l'Essere Supremo vive isolato 
              da tutti gli affari degli esseri umani. Gli akans, per esempio, 
              credono che Nyame, il dio creatore, fuggi' dal mondo a causa del 
              terribile rumore che fanno le donne quando battono lo gname per 
              fare purè. Se si trattasse di giustificare la sua lunga assenza, 
              è molto probabile che Dio avrebbe potuto trovare nel mondo 
              attuale migliaia di ragioni molto più gravi che quelle addotte 
              dagli Akans. Questo potrebbe spiegare perchè abbiamo un mondo 
              in gravissime difficoltà e perchè Dio rimanga insensibile 
              alle preghiere umane: non è che Dio non esista, è 
              che non si trova; lui si è limitato a crearci, dopodiche 
              ci ha abbandonati alla nostra sorte. Chi lo sa? Il concetto di deus 
              otiosus continua ad essere profondamente intelligente, ingegnoso 
              e realista.  Le religioni, 
              come istituzioni formali, esistono solo da pochi millenni pubblicando 
              la natura di Dio e parlando in suo nome, però le forme e 
              gli attributi di Dio sono cosi numerosi e diversi ed i comandamenti 
              divini che emanano da loro sono talmente vari e contradittori, che 
              risulta francamente difficile farsi un'idea di Dio. Sarà 
              come il vecchietto barbuto e presuntamente buono che ci mostra la 
              chiesa cattolica nella sua iconografia più classica? O sarà 
              come l'eroico Shiva della tradizione indù, presentato sempre 
              in pose ieratiche? O magari è come Lui, il dio creatore cananeo 
              rappresentato come un funzionario politico di massimo grado? Come 
              Osiride, il dio egizio con testa di falco? O come la Venus di Willendorf, 
              la dea più famosa del paleolitico, di forme carnali fuori 
              misura? Forse è come l'essere non rappresentabile della tradizione 
              giudia, mussulmana e di tante altre? Come il Caos, il fondamento 
              della più antica cosmogonia e teogonia ellenica? Forse sarà 
              il Big Bang della scienza moderna? E' come chi o che? E, se ogni 
              dottrina divina cambia radicalmente in funzione delle epoche e delle 
              culture, come sapere qual'è il vero messaggio divino? Come 
              sapere la ragione per cui Dio muta la sua dottrina cosi spesso? 
              Chi ci garantisce la parola di chi ci garantisce la parola di Dio?  La dicotomia 
              tra il concetto di "Dio" e le strutture religiose, nonostante 
              ciò che quest'ultime ne pensino, è evidente e risulta 
              fondamentale per non confondere una possibile causa di natura non 
              specifica -nulla impedisce che si denomini "Dio"a ciò 
              che può aver nell'istante previo alla organizzazione della 
              materia atomica che ha dato il via alla nascita dell'universo- con 
              una struttura basata sullo sfruttamento di questa probabilità 
              al trasformarla in un dogma o in un credo acritico (prassi delle 
              religioni); saper separare il suppostamente causale (Dio) dal chiaramente 
              strumentale (religione) eviterà anche "pronunciare il 
              nome di Dio in vano", un vizio radicato in qualsiasi religione. 
              Per questo motivo non scarseggiano gli scienziati -in particolare 
              fisici, astrofisici e cosmologi- che ,al occuparsi dell'origine 
              del cosmo, scelgono di lasciare una porta aperta alla possibilità 
              di qualche "ragione organizzatrice" però la lasciano 
              chiusa a qualsiasi idea teologica.  E' famoso il 
              detto che "un po' di scienza ci allontana da Dio, ma molta 
              ci riporta a lui" pronunciata da Louis Pasteur, uno degli scienziati 
              più importanti del secolo XIX, però la semplicità, 
              e non semplicismo, plasticità, bellezza e capacità 
              di enunciazione di questa frase non ci deve portare necessariamente 
              a conclusioni religiose. Forse, cosi come afferma il cosmologo britannico 
              Stephen Hawking -principale avallatore insieme a Roger Penrose,della 
              teoria del Big Bang- se scoprissimo una teoria completa (che comprenda 
              le interrelazioni di tutte le forze della natura, questo è 
              il sogno scientifico della TGU o Teoria della Grande Unificazione), 
              allora dovrebbe essere comprensibile nelle sue grandi linee a tutti, 
              e non solo ad un pugno di scienziati. Allora, tutti, filosofi, scienziati 
              ed incluso la gente "comune", saremo in grado di prender 
              parte alla discussione sul perchè esiste l'universo e noi 
              stessi. Se trovassimo la risposta sarebbe l'ultimo trionfo della 
              ragione umana, perchè in quel momento conosceremmo il pensiero 
              di Dio".  Anche se il 
              pensiero scientifico, per il metodo di acquisizione della conoscenza 
              che lo caratterizza, si oppone al pensiero religioso, senza che 
              ciò rappresenti nessuna contraddizione per quegli scienziati 
              con fede religiosa, la forza probatoria della prima fa si che le 
              più importanti religioni monoteistiche si avvicinino alla 
              scienza con l'intenzione di appoggiare i propri dogmi sull'esistenza 
              di Dio su determinate scoperte.  Questo è 
              il caso, ad esempio, dell'accettazione che ha la teoria del Big 
              Bang da parte della chiesa cattolica, un fatto che segnala chiaramente 
              Stephen Hawking -nel suo libro "Breve storia del tempo"- 
              quando sottolinea che "la chiesa ha accettato il Big Bang come 
              un dogma" e contemporaneamente, con elegante malizia, ricorda 
              una affermazione di papa Giovanni Paolo II, di fronte ad una riunione 
              di cosmologi, quando li esortò a studiare l'evoluzione dell'universo 
              dopo il Big Bang, ma senza investigare lo stesso Big Bang, perchè 
              quello era il momento della creazione e, per tanto, compito di Dio, 
              oggetto della teologia non della scienza. Di fronte ad una tale 
              posizione del papa, si potrebbe allora affermare, parafrasando Pasteur, 
              che se molta scienza ci avvicina a Dio,troppa ci può lasciare 
              vuoti del Suo concetto. Se il Big Bang rappresenta il lavoro di 
              Dio, allora perde tutto il suo significato e la sua funzione, cioè 
              non esiste più scientificamente(1).  La formazione 
              dell'universo, secondo la teoria del Big Bang, avallata da importantissime 
              scoperte recenti, ha avuto luogo quando un "punto"che 
              conteneva tutta la massa dell'universo ad una temperatura incredibilmente 
              alta si espase con una tremenda esplosione, la quale fece immediatamente 
              discendere la temperatura; pochissimi secondi dopo la temperatura 
              si era cosi abbassata da permettere la formazione dei protoni e 
              neutroni e, passati altri pochi minuti, la temperatura continuò 
              scendendo fino al punto che si poterono combinare i protoni ed i 
              neutroni a formare i primi nuclei atomici.  Se si dimostrasse 
              definitivamente che esiste una creazione continua della materia 
              cosmica, cosi come propone la teoria dell'universo stazionario o 
              principio cosmologico perfetto di Bondi, Gold e Hoyle, l'universo 
              si potrebbe vedere come un complesso meccanismo autoregolante con 
              capacità di organizzarsi all'infinito; una proprietà 
              naturale che renderebbe innecessario il dover ricorrere ad un dio 
              per giustificare l'origine della materia.  Da altri modelli 
              scientifici, come quello dell'Universo Inflazionario, proposto da 
              Linde e Guth, si sostiene che il nostro universo fa parte di un 
              immenso sistema di universi, nati tutti da un "universo madre" 
              dal quale si staccò, allargandosi, fino ad esplodere con 
              il Big Bang, un processo che, secondo questa ipotesi, si sta ancora 
              ripetendo in altri universi, anche nel nostro, e che può 
              star generandone di nuovi; nemmeno questa teoria cosmologica ha 
              bisogno di una spiegazione basata su di un qualche principio organizzatore 
              divino già che suppone un processo che non ha inizio nè 
              fine.  L'astrofisico 
              Igor Bogdanov, basandosi sulla ' costante di Planck ' espresse un'opinione 
              criptica, ma definitiva quando disse che "non possiamo sapere 
              che cosa è successo prima di 10 elevato a meno 43 secondi 
              dal Big Bang, un tempo fantasticamente piccolo che comprende in 
              potenza l'universo intero; il quale era contenuto in una sfera di 
              10 elevato alla meno33 Cm, cioè migliaia e migliaia e migliaia 
              di milioni di volte più piccola del nucleo di un atomo."  Per quanto 
              riguarda il nostro universo, sorto circa quindici miliardi di anni 
              fa, salta agli occhi una domanda molto logica: esisteva Dio 10 elevato 
              alla meno 43 secondi prima del Big Bang? e se si dove è stato 
              fino ad oggi? La scienza non può ancora rispondere a che 
              cosa successe in quello spazio e tempo praticamente inesistenti, 
              però ciò non giustifica assolutamente l'affermazione 
              gratuita di chi, come l'epistemologo Jean Guitton, difende la tesi 
              che la miglior prova dell'esistenza di un essere creatore è 
              che esistono limiti fisici alla conoscenza.  E' evidente 
              che una visione teleologica(2) 
              del cosmo è infinitamente meno inquietante e risulta più 
              gratificante del suo contrario, però all'affermare che tutte 
              le leggi naturali che reggono l'evoluzione dell'universo furono 
              disegnate, nell'ambito di un "progetto cosmico"con il 
              fine di rendere possibile la vita umana su questo pianeta, pecca 
              gravemente di antropocentrismo, egocentrismo e non-scientificità.  Le conoscenze 
              attuali di biologia dimostrano, senza alcun dubbio, che fino ad 
              oggi ci sono stati centinaia di migliaia di progetti falliti nei 
              processi evolutivi delle specie, cioè centinaia di migliaia 
              di specie di ogni classe hanno seguito cammini non validi che le 
              portarono, prima o poi, all'estinzione; un processo di selezione 
              naturale che non è terminato ancora e che continuerà 
              fin tanto rimanga una minima traccia di vita su questo pianeta. 
              In questo contesto biologico, l'uomo non è altro che una 
              delle specie sopravvissute, per il momento, alla evoluzione degli 
              ecosistemi terrestri. Nella supposizione che esista qualche dio 
              creatore/controllore, l'evidenza di tante centinaia di migliaia 
              di organismi viventi falliti -ossia mal progettati- addirittura 
              dalla loro propria concezione,potrebbe solo suggerire che questo 
              ipotetico dio manca totalmente di abilità ed esperienza per 
              creare esseri viventi o che si compiace nel regalare la vita ad 
              esseri irrimediabilmente condannati; nel migliore dei casi, potremmo 
              giungere alla conclusione che anche Dio crea impiegando gli stessi 
              meccanismi che sono propri della natura e degli esseri umani, cioè 
              mediante il processo della prova ed errore, cosa che, ovviamente, 
              non può dargli credito del benchè minimo vantaggio 
              o superiorità su nessun essere vivente.  Il filosofo 
              olandese Baruch Espinoza (1632-1677) non era in errore quando scrisse 
              che il finalismo o teleologismo "è un pregiudizio disastroso, 
              che nasce dall'ignoranza naturale degli uomini e allo stesso tempo 
              da una attitudine utilitaristica (...) alla vana, anche se tranquillizzatrice 
              illusione di che tutto è stato creato per l'uomo, si aggiunge 
              la mentalità antropomorfica corrente, che interpretando tutto 
              dal modello artigianale, impedisce la conoscenza della necessità 
              assoluta, inducendo, cosi, alla superstizione del Dio personale, 
              libero e creatore."(3)  Un altro filosofo, 
              il coltissimo enciclopedista francese Denis Diderot (1713-1784), 
              ateo convinto, dopo esser stato educato dai gesuiti, fu incarcerato 
              per tre mesi per criticare il teismo nella sua opera "Lettera 
              ai ciechi" (1749) e famoso per essere un brillante polemista, 
              non seppe che rispondere al matematico Leonard Euler quando,durante 
              un incontro alla corte di Caterina di Russia, questi esclamò: 
              "Signore, (A+B)N/N=X, dunque Dio esiste. Che cosa mi rispondete 
              a questo?"  Il famoso matematico 
              francese Pierre-Simon Laplace (1749-1827), riferimento obbligato 
              per lo studio della teoria delle probabilità, invece, avrebbe 
              saputo rispondere alla formula 'avvelenata'di Euler con almeno tanta 
              efficacia di quello che dimostrò quando Napoleone gli chiese 
              qual'era il posto che occupava Dio nella sua teoria di universo-macchina 
              senza principio nè fine, esposta nel suo "Trattato di 
              meccanica celeste" (1799-1815) "Signore -gli rispose Laplace- 
              non ho avuto nessuna necessità di prendere in considerazione 
              questa ipotesi."  Dopo secoli 
              di dibattiti filosofici circa l'esistenza o no di un principio ordinatore 
              dell'universo e di un finalismo antropocentrico, la questione resta 
              ancora aperta e centrale in molti campi scientifici. Cosi, mentre 
              molti sostengono che la vita che conosciamo è il prodotto 
              di una lunghissima catena di casualità -difficilmente ripetibili, 
              però alla fin fine sempre casualità- altri argomentano 
              che solo un miracolo intenzionato può spiegare la concomitanza 
              di tantissime condizioni necessarie perchè sia nata la vita.  Il concetto 
              di "Dio" è cosi attraente che anche scienziati 
              che si sono dichiarati agnostici, come i fisici Heisenberg e Einstein, 
              hanno scritto saggi, denominati mistici da alcuni, nei quali sfioravano 
              l'idea di "Dio", però di un dio assolutamente estraneo 
              alla figura investita di attributi antropomorfi che dichiarano le 
              religioni. "So che certi sacerdoti stanno approffittando della 
              mia fisica in favore della prova dell'esistenza di Dio -scriveva 
              Einstein ad un amico, in una lettera in cui negava le voci di una 
              sua supposta conversione al cattolicesimo- Non ci si può 
              fare nulla; che il diavolo se li porti."  In ogni caso, 
              forse tutti i modelli scientifici capaci di spiegare la formazione 
              dell'universo hanno il proprio limite nel cosi detto 'teorema dell'incompletezza 
              di Godel'. Questo teorema, postulato da Karl Godel (1906-1978), 
              una delle figure più importanti di tutta la storia della 
              logica, afferma che "dentro ad ogni sistema formale che contenga 
              la teoria dei numeri, esistono proposizioni che il sistema non può'dire', 
              cioè di cui non riesce a dare una dimostrazione, ma nemmeno 
              una sua negazione".  Il teorema 
              della incompletezza implica che nessun insieme non triviale di proposizioni 
              matematiche possa derivare la sua prova da evidenze dello stesso 
              assieme, ma le deve trovare in una proposizione che ne stia al di 
              fuori, qualcosa apparentemente impossibile per la metodologia matematica 
              ed empirica su cui si fonda l'investigazione cosmologica attuale. 
              Il fatto che sempre ci siano enunciati veritieri indimostabili, 
              che rimangono al di fuori del campo delle deduzioni logiche, "non 
              significa -secondo quanto segnalò il fisico Paul Davies- 
              che l'universo sia assurdo o senza senso, ma solamente che la comprensione 
              della sua esistenza e delle sue proprietà rimane fuori dalle 
              categorie usuali del pensiero razionale umano."  All'interno 
              di questa incertezza formale che lascia aperto il teorema dell'incompletezza 
              di Godel può sempre rinascere la speranza dell'esistenza 
              di Dio, cosa che senza dubbio continueremo propiziando -ad infinitum- 
              noi esseri umani, la mancanza di risposte ad alcune delle chiavi 
              di volta della nostra esistenza e la paura del nostro destino dopo 
              la morte saranno sempre più potenti che la forza probatoria 
              delle scoperte scientifiche che contraddicano la visione teista 
              dell' universo.  In ogni caso, 
              risulta evidente che quando uno comincia ad interrogarsi razionalmente 
              su tutto ciò che circonda Dio, si rende conto che non può 
              giungere a conoscere nulla con certezza, nè la sua natura, 
              nè la sua esistenza. Sempre c'è la possibilità, 
              naturalmente, di rifugiarsi nei testi sacri di qualsiasi religione 
              che, compiendo la funzione per la quale furono scritti, danno certezze 
              assolute mediante evidenze cariche di se stesse e che ripudiano 
              la logica della ragione già che si sono accomodate nel soggettivismo 
              dell'emozione; però questo è un cammino che serve 
              solo a chi cerca, ha bisogno o ha questo tipo di dinamica mentale 
              conosciuta come fede, una attitudine direttamente relazionata con 
              i processi psicologici derivati dalla mentalità magica.  La fede, senza 
              dubbio, può muovere le montagne, però mai potrà 
              spiegarci come si sono formate o di che cosa sono fatte queste montagne 
              che è riuscita a muovere. La fede in Dio, nella sua esistenza 
              ed accessibilità, può avere innumerevoli vantaggi 
              per la psiche umana, però risulta uno strumento assolutamente 
              inutile per provare a conoscere qualcosa di questo essere supremo, 
              obiettivo che, più di ogni altro, alimenta il lavoro che 
              si plasma in questo libro.  Il grande sociologo 
              Emile Durkheim (1858-1917) ha centrato molto bene il punto quando, 
              nel 1912, riferendosi al conflitto tra la scienza e la religione, 
              affermò "Si dice che la scienza nega per principio la 
              religione. Però la religione esiste; è un sistema 
              di dati; in una parola è una realtà. Come potrebbe 
              la scienza negare una realtà? Inoltre, la religione è 
              azione, perchè è un mezzo che aiuta gli uomini a vivere, 
              la scienza non può sostituirla, perchè anche se rappresenta 
              la vita, non la crea; può, senza dubbio cercare di dare una 
              spiegazione della fede, però proprio per questo, la da per 
              reale. Non c'è, dunque, conflitto, se non in un punto determinato. 
              Delle due funzioni che compiva la religione all'inizio c'è 
              ne è una,una soltanto, che tende sempre più ad emanciparsene: 
              si tratta della funzione speculativa.Quello 
              che la scienza critica alla religione non è il suo diritto 
              ad esistere, bensì il diritto a dogmatizzare sulla natura 
              delle cose, la competenza speciale che si attribuiva in relazione 
              alla conoscenza dell'uomo e del mondo. In effetti la religione nemmeno 
              conosce se stessa. Non sa di che cosa è fatta, nè 
              a quali necessità risponde. Lei stessa è oggetto della 
              scienza; da qui l'impossibilità che detti le sue leggi su 
              di essa! E siccome, al di fuori della realtà a cui si applica 
              la riflessione scientifica non esiste nessun oggetto che sia specifico 
              della speculazione religiosa, risulta evidente l'impossibilità 
              che compia nel futuro lo stesso ruolo che nel passato".(4)  Se, per ipotesi, 
              affermiamo che Dio -il suo concetto- è un diamante grezzo, 
              potremmo dire che quello che fondamentalmente ci interessa sarà 
              conoscere la sua materia costitutiva -carbone puro compresso in 
              una struttura cristallina compatta-, le condizioni che hanno fatto 
              possibile questo tipo di cristallizzazione e, in grado minore le 
              impurità che gli conferiscono le diverse colorazioni. Tutto 
              il resto sarebbero solo accessori. Certo il diamante grezzo non 
              sembra bello, però è altresì ovvio che la gemma 
              lavorata non è autentica dal punto di vista della realtà 
              geologica.  Quando il diamante 
              grezzo passa per tutte le fasi della sua lavorazione, si ottiene 
              un gioiello dalla brillantezza eccezionale che, tra le sue proprietà 
              ha un alto grado di rifrazione e dispersione, cioè di distorsione, 
              ed allo stesso tempo un gran potere evocativo. La cosa fondamentale 
              di un diamante -il suo valore- lo dobbiamo ad interazioni geologiche; 
              gli accessori -la sua fama ed il prezzo- all'intagliatore ed al 
              gioielliere. Per questo, nel presente lavoro, viaggeremo dentro 
              i limiti della 'geologia' psicosociale ed eviteremo, nei limiti 
              del possibile, di fermarci a contemplare le mille sfaccettature 
              ingannatrici create dalla teologia.  Scartata la 
              fede come via di conoscenza, rimangono aperte tutte le altre, ma 
              a quale ricorrere? come basare l'investigazione? quali sono gli 
              elementi di base e definitivi per stabilire la presunta relazione 
              tra Dio e l'uomo? su che prova materiale possiamo costruire argomenti 
              solidi? La strada è lungo e complessa ed ognuno può 
              cominciare il cammino da punti assai diversi, proprio perchè 
              l'importante non è l'inizio, cioè le premesse, ma 
              la fine, ossia le conclusioni. Questo libro riflette l'avventura 
              personale del suo autore dal momento in cui si propose di trovare 
              alcune risposte ragionevoli ad una serie di fatti -determinanti 
              per la nostra società- che sono accettati ciecamente praticamente 
              dalla totalità della gente, e cercare di riempire con contenuti, 
              coerenza e senso alcune delle questioni importanti che tutti prima 
              o poi ci siamo posti.  Dato che a 
              Dio, al suo concetto,solo ci si può arrivare attraverso l' 
              uomo e dall'uomo -altrimenti sarebbe come trarre conclusioni su 
              Dio da una conversazione tra due sedie, due gerani o due gatti, 
              o tra qualunque di loro ed il suo proprietario umano- sarà, 
              perciò, indispensabile conoscere nei dettagli molti aspetti 
              del passato biologico, ecologico e sociale dell'essere umano e del 
              processo che formò la sua struttura psichica e le sue espressioni 
              culturali. Le prime domande da porci saranno, dunque, quelle circa 
              l'inizio dell'evoluzione umana. Nel processo di ominazione che ci 
              ha diversificato dai primati si nascondono molte chiavi per poter 
              scoprire cose notevoli su Dio; ed anche se non abbiamo trovato nessuna 
              prova sul come e perchè Egli ci creò, di certo abbondano 
              quelle sul come e perchè noi abbiamo creato Lui. Cosi come il 
              criminologo cerca di scoprire il colpevole a partire dalle tracce 
              trovate sul luogo del crimine -un pezzettino di tessuto, l'impronta 
              di una scarpa, un segno nello specchio del bagno, o una goccia di 
              sangue secca, per esempio, così questo autore ha dovuto setacciare 
              migliaia di dati, scoperti ed elaborati da paleoantopologi, antropologi, 
              archeologi, storici, psicologi ecc...che unendosi uno all'altro, 
              hanno alla fine, mostrato un'immagine coerente e ragionevole non 
              solo dell'identità nascosta, ma anche, più importante 
              ancora, di tutto il contesto psicosociale che la definì e 
              dotò di attributi e personalità.  La struttura 
              di questo studio, nella misura del possibile, ha seguito un ordine 
              cronologico per relazionare e analizzare i fatti che abbiamo giudicati 
              determinanti per poter arrivare ad una migliore comprensione di 
              come, quando e perchè si è prodotta la presenza di 
              Dio tra gli umani. Per facilitare la visione globale di certi aspetti 
              chiave trattati, si sono elaborati diversi quadri sinottici che 
              permettono a chiunque situarsi in forma rapida e facile dentro del 
              contesto analizzato. Con la finalità di ampliare la visione 
              e le conoscenze del lettore, così come per relazionare le 
              fonti documentali su cui si basa questo lavoro, si ha complementato 
              il testo con molte -ed a volte tanto ampie come fondamentali- note 
              a pie di pagina.  Lo sviluppo 
              di questo libro plasma con fedeltà il cammino seguito dal 
              suo autore in cerca delle risposte coerenti con la relazione che 
              sembra esistere tra l'umanità e Dio. La ricerca, nata da 
              una semplice curiosità, si è trasformata poco a poco 
              in una avventura affascinante, coinvolgente e piena di centinaia 
              di sorprese allettatrici che hanno trasformato in modo notevole 
              alcuni presupposti che quest'autore aveva circa l'essere umano ed 
              il suo passato, per cui, in conseguenza di ciò, gli hanno 
              fatto cambiare certi punti di vista che risultano basilari per cercare 
              di comprendere il presente della nostra società e la sua 
              complicata proiezione verso il futuro. Qualche lettore si potrà 
              sentire perplesso, o magari defraudato, quando inizi a leggere questo 
              libro, non ci dimentichiamo che si intitola "Dio è nato 
              donna", e si trovi davanti un racconto della nostra evoluzione 
              dagli ominidi seguito da un capitolo -inevitabilmente complesso- 
              sulla formazione del linguaggio e del pensiero logico-verbale. Non 
              a torto si chiederà se il libro non ha un titolo sbagliato, 
              ha qualcosa a che vedere tutto ciò con Dio e con il genere 
              che gli si ha attribuito? Senza dubbio. Anche se i capitoli essenziali 
              per giustificare il titolo sono il 6, 7, ed il 10, tutto quello 
              veramente importante, tutto ciò che ci permetterà 
              di comprendere come, quando e perchè siamo arrivati al concetto 
              di Dio ed abbiamo l'impulso di idearlo come donna millenni prima 
              di cambiargli di genere e farlo maschio, tutto ciò lo troveremo 
              negli altri capitoli. Tutto è essenziale, anche se mancano 
              molte cose in un testo che non è e non pretende essere enciclopedico, 
              e nemmeno filosofico nè teologico. Dalla finestra sul passato 
              che si apre con queste pagine, è possibile assistere ad una 
              serie di fatti che ci portano a riflessioni molto più ampie 
              che quelle suggerite dal libro stesso.  Dopo essersi 
              addentrati nei meandri della evoluzione umana, non si può 
              più guardare i propri simili nella stessa maniera. L'essere 
              umano non è più una "creatura di Dio" quando 
              lo si guarda attraverso il prodigioso processo che ci ha differenziato 
              dalle scimmie arboricole fino a renderci ciò che siamo oggi, 
              pieni di forza e di miracoli, però anche colmi di fragilità.  Analizzare 
              lo sviluppo del linguaggio articolato umano e rendersi conto dell'inimmaginabile 
              forza che ha avuto il dominio della parola e dell'intelletto nel 
              determinare il nostro pensiero, la nostra visione del mondo e la 
              nostra cultura, finisce per rompere tanti schemi predefiniti che 
              ci obbliga a vedere noi stessi ed i nostri credi fondamentali come 
              il prodotto di un gioco infantile, nel quale realtà e fantasia 
              si confondono per materilizzare un ordinamento universale da cui 
              è difficile uscire. Rendersi conto che le storie immaginate 
              da tanti bambini per spiegare la propria provenienza o l'origine 
              del mondo ed il suo funzionamento, sono sostanzialmente e strutturalmente 
              identici alle descrizioni equivalenti contenute nei cosiddetti testi 
              sacri, apre una preziosa porta per comprendere meglio la psiche 
              dell'essere umano ed i suoi comportamenti religiosi.  Evidenziare 
              il processo di elaborazione dell'universo simbolico preistorico, 
              dei segni, dei miti e dei riti che ancora sono l'asse portante delle 
              religioni attuali, conduce a conclusioni appassionanti circa la 
              dinamica della ricerca della sicurezza emozionale nell'essere umano. 
              Una riflessione che non è marginale, è la vasta prova 
              archeologica del credo nella sopravvivenza dopo la morte, la quale 
              sembra preceda di circa 60.000 anni qualsiasi elaborazione concettuale 
              di enti supremi o dei.  Forse il lettore 
              si sorprenderà, o si scandalizzerà, al rendersi conto 
              che il concetto del dio maschile, che oggi domina tutte le religioni, 
              non è altro che una trasformazione relativamente recente 
              del primo concetto di deità creatrice/controllatrice che, 
              cosi come dimostrano migliaia di ritrovamenti archeologici, fu ovviamente 
              femminile!chi, se non una femmina, di qualsiasi specie, è 
              adatta per poter creare, per dare la vita, mediante la fecondazione 
              ed il parto? Chi, se non una donna, si prende cura della prole e 
              si incarica di soddisfare i suoi bisogni immediati?  Se, come vedremo, 
              l'homo sapiens primitivo fondava le sue concettualizzazioni in analogie, 
              risulta ovvio che nessun essere umano poteva mai pensare di attribuire 
              le qualità prettamente femminili del partorire, della fertilità 
              e della nutrizione ad un ente maschile; per questa ragione,l'umanità 
              prosperò sotto la protezione della Dea unica -nelle sue diverse 
              manifestazioni- durante un periodo che va dal 30000 a.C. fino al 
              3000 a.C. circa, è da questo momento, in forma progressiva 
              anche se irregolare, che cominciò ad imporsi la tipologia 
              specifica del dio maschile che finirà con l'appropiarsi delle 
              qualità generatrici e protettrici della Dea, relegandola 
              al ruolo di madre, vergine in alcuni casi, sposa, sorella/amante 
              del dio maschile.  Il colpo di 
              stato del dio contro la dea non fu capriccioso, nè casuale, 
              nemmeno innocuo, anzi tutto il contrario. Prima di tutto, disponiamo 
              di sufficiente documentazione archeologica e storica per dimostrare 
              come partendo da una base mitica e rituale comune, la personalità, 
              le attribuzioni e funzioni del dio maschile andò cambiando 
              secondo le necessità economiche e sociopolitiche di ogni 
              cultura ed ogni momento storico. In effetti, possiamo capire più 
              cose su "Dio" se si studiano le implicazioni socioeconomiche 
              derivate dalla nascita dell'agricoltura e dalla invenzione dell'aratro 
              che se ci concentriamo sulle teogonie, teologie e rituali associati 
              ad ogni dio. E questa affermazione vale tanto per gli dei cosi detti 
              pagani -dal latino paganus, contadino- quanto per il loro discendente 
              diretto e continuatore attuale, il dio delle religioni monoteiste, 
              che si dicono basate su delle verità rivelate.  D'altra parte, 
              capire lo sviluppo della soppressione della Dea da parte del Dio(5) 
              ci conduce alla comprensione della dinamica storica che ha portato 
              la donna ad essere soggiogata in tutti i suoi aspetti dal maschio. 
              La donna e la Dea andarono perdendo la propria autonomia, importanza 
              e potere praticamente contemporaneamente, vittime di un mondo in 
              cambiamento nel quale gli uomini si appropiarono dei mezzi di produzione, 
              della guerra e della cultura, convertendosi, dunque, nei detentori 
              unici e guardiani della proprieta privata, la paternità, 
              del pensiero e, insomma, dello stessissimo diritto alla vita.  La cultura patriarcale 
              uccise le ultime vestigia della società matrilineare(6), 
              che rendevano culto alla Dea già dal Paleolitico superiore, 
              e, logicamente, ridisegnò i miti e gli dei a sua convenienza, 
              cioè a sua immagine e somiglianza. Con l'analisi della sconfitta 
              della Dea preistorica non solo scopriremo un nuovo punto di vista 
              da cui poter abbordare il concetto di "Dio", ma ci aiuterà 
              anche, e non è meno importante, a comprendere la storia antica 
              della donna e le cause della disuguaglianza e inferiorità 
              che hanno caratterizzato la sua situazione fino ad oggi. Il processo 
              che plasma questo libro, seguendo le tracce di dio, ha permesso 
              forgiare una immagine solida e coerente dell'essere umano e delle 
              sue credenze, però, come ci si poteva aspettare, ciò 
              che definiamo come "Dio" si è fatto evidente solo 
              attraverso il riflesso del suo mito, come se si trattasse di un'immagine 
              riflessa da uno specchio senza avere un punto di origine.  E' probabile 
              che la causa di questa immagine stia dentro lo specchio stesso e 
              non al di fuori, ragione per cui nessuno ha mai potuto vederla, 
              già che nessun umano, senza lasciare d'esserlo, si può 
              trasformare nelle particelle di sali d'argento che costituiscono 
              la base riflettente dello specchio. Se Dio fosse dentro queste particelle, 
              cosi come una immagine sta nell'argento di uno specchio, come poterle 
              distinguere nel torrente quasi infinito di emozioni, sensazioni, 
              pensieri e concetti che si accavallano nella nostra mente,sembrando 
              arrivare da poli opposti?  Forse la struttura 
              delle credenze nell'essere umano ha molto a che vedere con un brano 
              assai evocativo che scrisse Charles Dodgson -diacono, professore 
              di matematica pura e scrittore britannico, più conosciuto 
              con lo pseudonimo di Lewis Carrol- nella sua seconda opera dedicata 
              alla bimba Alice Liddel, la deliziosa ed intelligentissima "Alice 
              nello specchio"-- Non posso crederlo!-- disse Alice.
 --Veramente?-- rispose la Regina, in tono compassato-- provaci di 
              nuovo: inala profondamente e chiudi gli occhi.--
 Alice rise.
 --Non è necessario provarci -- disse -- non si può 
              credere in cose impossibili.
 --Oso pensare che non hai molta pratica --disse allora la Regina.
 Ognuno potrà 
              trarre da questo brano la conclusione che preferisce, perchè 
              il problema continua essendo praticamente lo stesso: chi ha più 
              pratica per credere cose impossibili, colui che crede nell'esistenza 
              di Dio o colui che la nega?  In questo libro, 
              come in tutti gli altri che sono stati scritti da che è stata 
              inventata la scrittura, circa 5.000 anni fa, non si dimostra nulla 
              di conclusivo circa la possibile esistenza di Dio, già che 
              l'autore si è limitato a documentare come e perchè 
              il concetto di "Dio" che propongono le religioni nacque 
              dalla mente umana, si formò in funzione delle nostre ignoranze, 
              timori e speranze, per, finalmente, evolversi mantenendo una relazione 
              diretta con le necessità di organizzazione e controllo sociale, 
              economico e politico proprie di ogni cultura e momento storico.  Solo dopo aver 
              aggiudicato alla evoluzione naturale ed all'essere umano tutto quello 
              che fu, è e sarà la sua opera, potremo, in forma ragionavole, 
              cercare di incontrare Dio in tutto ciò che resta, che forse 
              continuerà ad essere infinito. O forse no. ----------------------------------
 (1) 
              Il confronto tra pensiero scientifico e "fede" è 
              un qualcosa che ossessiona papa Wojtyla e che, di fatto, lo ha portato 
              a combattere una crociata feroce contro il positivismo, che è 
              poco meno che dire contro la riflessione basata su dati obbiettivi 
              e solidi. Molti dei suoi documenti pubblici hanno attaccato" 
              gli eccessi ed i pericoli dell'uso della ragione". Nella sua 
              enciclica 'Veritatis splendor' ha proibito la riflessione teologica 
              critica all'interno della Chiesa, imbavagliando cosi i pensatori 
              cattolici più lucidi e brillanti di questo secolo, che sono, 
              oltre tutto, i più vicini al messaggio evangelico di fronte 
              al brutale allontanamento dallo stesso che caratterizza la Chiesa 
              dogmatica ufficiale. In un altra enciclica recente "Fides et 
              ratio" ,l' attacco contro la ragione rasenta il patetico. Al 
              presentare Fides et ratio, il cardinale Ratzinger manifestò 
              che "l' universalità del cristianesimo procede dalla 
              sua pretesa di essere la verità, e sparisce se viene a mancare 
              la convinzione che la fede è la verità. Però 
              la verità è valida per tutti e il cristianesimo è 
              valido per tutti perchè è vero". Una affermazione 
              cosi categorica non solo mostra la fragilità della "verità" 
              cattolica, basata su di una convinzione soggettiva, ma dichiara 
              anche, che deve essere accettata come verità al di fuori 
              di ogni dubbio e con valore universale. A tutto questo aggiunge 
              che la fede cristiana si deve opporre a quelle filosofie o teorie 
              "che escludono l'attitudine dell'uomo di conoscere le verità 
              metafisiche delle cose (positivismo, materialismo, scientismo, storicismo, 
              problematicismo, relativismo e nichilismo )" cioè bisogna 
              rifiutare i punti di vista fondamentali del pensiero moderno, specialmente 
              in tutto quello che concerne la sua particolare cosmovisione basata 
              sulla fede.
 (2) 
              L'argomentazione teleologica, che pretende dimostrare l'esistenza 
              di Dio basandosi nel concetto di fine ( telos in greco ), fu affermata 
              con forza da san Tomaso d'Aquino, che la riprese da Averroè 
              (e lui a sua volta, la aveva presa dai pensatori greci: Anassagora, 
              Platone, Aristotele, etc...). Dato che le cose naturali, anche mancandogli 
              l' intelligenza, appaiono tutte ordinate in ragione di un fine -affermava 
              Tomaso al proporre la sua "quinta via"- ciò dimostra 
              che deve esistere una intelligenza che le ordina cosi e che si mostra 
              come fine ultimo; questo fino supremo è precisamente Dio. 
              Il filosofo britannico David Hume (1711-1776), nella sua opera postuma 
              'Dialoghi sulla religione naturale', refuta facilmente l'argomento 
              teleologico per essere basato su analogie antropomorfiche (cosi 
              come l'ordine dei materiali di una casa ci riporta ad un architetto 
              intelligente, cosi l'ordine cosmico ci riporta ad una intelligenza 
              divina) e perchè la cosidetta finalità naturale (veramente 
              tuttaltro che perfetta e divina) potrebbe essere il prodotto casuale 
              e contingente di cieche leggi materiali. Anche il filosofo tedesco 
              Emmanuel Kant (1724-1804) nella sua "Critica alla ragion pura" 
              rifiuta questo argomento che denomina "fisico-teologico". 
              Nonostante l'enorme peso intellettuale dei detrattori del cosi detto 
              "finalismo", tra cui figurano Galileo, Bacon, Descartes, 
              Spinoza, etc... tra i difensori si trovano anche personaggi della 
              statura di Newton, Boyle o Leibniz. In campo biologico il finalismo 
              fu spazzato via, almeno formalmente, dal Darwinismo, però 
              continua ad essere presente nel pensiero moderno alimentato dal 
              concetto di "provvidenza divina" che ancora postulano 
              le grandi religioni monoteiste. (3) 
              Cfr. appendice alla parte I della sua "Ethica more geometrico 
              demonstrata" più conosciuta come " Etica ". (4) 
              Durkheim,E. (1992) " Le forme elementari della vita religiosa 
              " (5) 
              Un annullamento che, anche se fu reale a livello del controllo del 
              potere simbolico e sociale, non lasciò di essere molto relativo 
              a livello di sub-cosciente collettivo in tutte le culture: oggi, 
              come migliaia di anni fa, le figure divine più venerate ed 
              apprezzate per il popolino -nell'ambito della cosi detta "religiosità 
              popolare"- sono quelle femminili. Un chiaro esempio, in ambito 
              cattolico, lo abbiamo nella grande forza del fervore mariano e del 
              movimento mariologico; in fatti, come vedremo, nella vergine cattolica 
              sopravvivono, in forma controllata e sottomessa dal maschio, alcune 
              delle funzioni mitiche che caratterizzavano la Dea preistorica. (6) 
              Il termine matrilineare indica un sistema di parentela (ascendenza, 
              discendenza, eredità ) ancora vigente in alcune culture primitive 
              attuali -e che fu comune prima che si stabilisse il patriarcato- 
              nel quale è importante la linea di discendenza da madre a 
              figlio e si privilegia la relazione di parentela del neonato con 
              il fratello della madre.   |